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Rossella

Una vita precedente


A volte, lo ammetto, ci penso ancora e con una certa nostalgia.

Il tempo senza fine tra libri e pc, gli appunti, le idee, normative, regole, standard europei, personaggi autorevoli, dirigenti d'azienda, docenti universitari, società private, enti pubblici.... ma anche gli amici, i colleghi, i dialoghi infiniti sul senso del nostro lavoro, sul suo valore, sull'etica e sulla consapevolezza e sviluppo del nostro sé, sulla costruzione dei nostri principi etici, professionali, personali. Centinaia di pacchetti di sigarette andate in fumo durante giorni e notti piene di parole.

Un mondo di saperi, persone, notizie, il cervello fumante per partorire l'idea innovativa o la formula migliore da utilizzare... essere scientificamente corretta, professionalmente perfetta e umanamente infinita.... Le colazioni con il mio super mitico Prof, mio grande mentore, che ha creduto in me quasi senza che me ne accorgessi, burbero, imperscrutabile, severo, autorevole. I tallieurs per i congressi, convegni, incontri, colloqui e riunioni fondamentali per costruire una socialità e un 'immagine che restasse impressa alle persone giuste. Ho sempre detestato questo tipo di self marketing,ma era imprescindibile.

Un mondo che ho costruito tardi, durante gli anni di Università, ma quando ho scelto il mio percorso, mi credevo inarrestabile. Invece poi mi sono fermata. Mi sono accontentata, mi sono sentita delusa e poi mi sono fermata. Per poco, ma è stato abbastanza affinché perdessi la mia corsa.


Non è un vero e proprio rimpianto, non è che mi dispiace dove sono adesso, solo che avrei voluto essere più presente a me stessa ed essere più tenace e caparbia. Anche se ciò significava prendere decisioni difficili.


Sto parlando di una carriera professionale avviata e poi fermata. Un percorso iniziato durante gli studi alla Sapienza di Roma, Facoltà di Psicologia, corso di Laurea in Psicologia, indirizzo Lavoro e Organizzazioni.

Lo avevo scelto il mio prcorso, ma finchè non mi sono imbattuta nell'esame di Psicologia dell'Orientamento scolastico e professionale, avevo vagato come un pesce rosso in una boccia di vetro.

Dopo aver sostenuto e superato l'esame, ripresi i libri e iniziai a studiarli sul serio e decisi che era quello che serviva al mondo, ai giovani e anche a me stessa per costrire non solo una carriera, ma il proprio percorso di vita.

Sostenni quindi l'esame di Psicologia della Formazione, il docente era lo stesso e aveva fama di essere terribile. Senza pietà, rigidissimo, ma a me non importava, avevo avuto un'educazione tostissima, con genitori molto severi e poi ero una gran testarda.

Decisi di iniziare a lavorare come volontaria presso lo Sportello di Orientamento, Tutorato e Placement della Facoltà, gestito dagli assistenti del Prof che aveva le materie di cui io volevo occuparmi per professione.

Prima di iniziare a lavorare, feci un percorso su me stessa, seguii un percorso di apprendimento specifico e iniziai con il lavoro di ricerca di informazioni per gli utenti del servizio, ad assistere ad alcuni colloqui, a sistemare il materiale cartaceo (non c'erano ancora i cellulari e la tecnologia odierna, per cui chi aveva bisogno di informazioni e supporto veniva letteralmente accompagnato in un percorso di ricerca e valutazione e spesso si tratttava di cercare e rendere disponibili anche informazioni e risorse utili.

Una volta entrata nel contesto, decisi che volevo laurearmi con la Cattedra di Psicologia dell'Orientamento. Andai dal Prof e glielo dissi. Lui senza distogliere lo sguardo dal suo pc mi disse che avrei dovuto presentare un Progetto di Tesi, che lui avrebbe valutato. L'argomento? indicazioni? nulla. DIsse che erano fatti miei, lui era già laureato non gli fregava niente della mia tesi, che doveva invece servire a me.

Non so se avete compreso. In sostanza dovevo definire un argomento e un Progetto di Tesi, che fosse sperimentale o meno, che fosse in linea con i suoi insegnamenti, con il profilo della sua materia etc e allo stesso tempo fosse abbastanza innovativa, stimolante, da farmi ottenere la sua approvazione e che avesse una giusta valenza in termini di apprendimento e come primo lavoro professionale, come dovrebbe essere ogni Tesi di Laurea.

Non solo ci sono riuscita, ma ho davvero realizzato un lavoro che ho scelto, per il quale ho creato un sistema di lavoro sprimentale, qualcosa di strampalato e al tempo stesso intressante, a quanto pare.


Intanto pian piano entrai a far parte di un gruppo di lavoro in seno alla Cattedra che nel giro di poco tempo crebbe molto. Ad un certo punto eravano circa 30 persone tra studenti, tirocinanti e ricercatori. Io Ho iniziato da studentessa volontaria, ho proseguito con il tirocinio post lauream e poi sono rimasta ancora, per lavorare a tanti progetti e ricerche che hanno costruito un curriculum che poi ho speso per anni in Campania, dal momento che le mie esperienze e la mia preparzione erano parecchio al di sopra degli standard locali. Ricordo che spesso riducevo alcune voci sul cv altrimenti avrei avuto meno opportunità di essere scelta per alcuni incarichi. Nessuno vuole assumere una giovane professionista che sa esattamente come si svolge una professione e che merita di essere pagata per quello. Oggi probabilmente è diverso, nel senso che si è perso pure il garbo di evitare di offrire compensi ridicoli per incarichi che richiedono un certo bagaglio di competenze, ma uno dei motivi per cui ho lasciato la mia professione è che dovevo competere con persone scarsamente preparate, bravissime a vendere fumo e ad intrattenere dialoghi politicamente interessanti. Io amavo il mio lavoro e il copia e incolla l'ho sempre lasciato agli incompetenti faciloni. Non si trattava di semplicemnte di "saper fare",quanto di "saper essere".


Ricordo con nostalgia le sessioni di valutazione a cui ci sottoponevamo noi come gruppo di lavoro, quando per parlare ad un pubblico dovevi sapere esattamente come muovere anche l'unghia del mignolo dentro la scarpa. Eravamo un pochino cattivi tra di noi ma perché c'era una competitività piuttosto alta. La senzazione era quella di ricevere maggiore approvazione professionale ed il nostro obiettivo (di tutti o quasi) era quello di essere considerati i più bravi, preparati e in grado di ricevere l'offerta di un ruolo interessante in un successivo incarico importante, come il coordinamento del gruppo del progetto o la possibiità di occuparsi della parte più difficile, impgnativa e professionalizzante di un progetto importante, come quelli per un Ministero o incollaboraizone con altri Paesi Europei.

Lavoravamo con le Università, le scuole, le Aziende, le PA, le Società professionali, alcuni Ministeri ed Enti nazionali e internazionali rilevanti.


Data la natura del nostro lavoro, che riguardava in linea generale gli ambiti dell'Orientamento e della Formazione professionale, ( lo Sviluppo delle Risorse Umane come ambito generico), il primo strumento di lavoro era costituito dalla nostra stessa persona.


Ho dovuto apprendere prima ad ascoltare, quindi a parlare, rispondere seguendo criteri metodologici precisi. Quando ci si rivolge ad un'altra persona, che sia in forma verbale o scritta, non si può pensare che essa indovini ciò che bisogna comprendere ed è impensabile attribuire al prossimo una responsabilità di comprensione senza avere la consapevolezza di aver comunicato in maniera impeccabile, dal punto di vista tecnico (scelta del linguaggio, comuniazione verbale e non verbale, la struttura del messaggio , etc). Quando vedo qualcuno parlare in pubblico con le mani in tasca, è molto raro che io presti ancora attenzione e non decida di andarmene. Poi con l'esercizio, lo studio, il confronto con i colleghi e forse un pò di talento naturale, si può diventare dei bravi comunicatori. L'autoanalisi è sempre il primo fattore importante per progredire.

Credo che per me un fattore di successo fosse il fatto che credevo davvero nel valore del mio lavoro, nell'imprtanza che esso poteva avere per le persone che incontravo nei miei colloqui di Career Counseling o quando entravo in un'aula di formazione come Docente. Il mio obiettivo non era quello di far passare il tempo, ma di stimolare un cambiamento. Il mio messaggio era "scopri chi vuoi essere, costruisci il tuo percorso e vivilo fino alla meta." Ero perdutamente innamorata del concetto di "empowerment". Era mio, era il mio motore e condividevo la mia energia con gli altri.


Se oggi ho una vita soddisfacente e totalmente diversa, lo devo soltanto a me stessa e ai principi sui quali ho costruito me stessa. Dunque a volte la domanda non è "perché?" ma "perchè no?".


Se non si può tornare indietro, basta guardare meglio davanti a noi e scegliere una nuova strada. Ciò che è stato, contribuisce a definire chi siamo oggi ma non deve ostacolare chi potremo essere domani.


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